ECCO COME VIVREMO FINO A 150 ANNI LAVORANDO (E STUDIANDO) UN SECOLO
- hodrin
- 22 gen 2016
- Tempo di lettura: 3 min
I guru del Forum di Davos sono convinti: «L’ipotesi è realistica già per chi oggi è adulto» E in Giappone studiano come adattare la mobilità all’invecchiamento

Se il cambiamento è il filo conduttore del World Economic Forum di Davos, i potenti della terra discutono anche di una rivoluzione grande così e delle conseguenze che l’aumento esponenziale dell’aspettativa di vita avrà non solo su economia e politica, ma anche sulla nostra vita quotidiana, trasformando il modo in cui amiamo, studiamo, lavoriamo e trascorriamo il nostro tempo libero.
«Non è un traguardo visionario, ma la cosa più importante è come ci arriveremo», afferma Elizabeth Blackburn, biologa australiana Nobel per la medicina nel 2009.
«Sappiamo che l’invecchiamento non è irreversibile e la medicina si sta già occupando di questo. Negli animali abbiamo individuato il gene responsabile. Negli uomini non è così facile. Ma già oggi sappiamo tanto sul declino del corpo umano, a cominciare dal ruolo delle malattie vascolari. E infatti quando osserviamo i centenari, che sono sempre più numerosi, vediamo che non muoiono mai di problemi vascolari, ma di malattie più banali, che vengono sottovalutate a causa della loro età».
La capacità di cambiare e adattarsi
La scienziata non nasconde un’enorme fiducia sui progressi della medicina, ma di certo un allungamento della vita di questa portata ci obbligherà a rendere l’esistenza produttiva più lunga.
«Per prima cosa dovremo estendere l’età pensionabile. In uno studio che abbiamo fatto ipotizzando un’età media di un secolo, si dovrebbe lavorare fino a 79-82 anni. Fino a 150 anni cambia poco».
Ma poi dobbiamo chiederci: lavorare facendo cosa? Se si lavora fino a 80 anni, bisogna continuare a imparare. Servirà una formazione continua». E ancora: «Perché decidere la nostra carriera a 20 anni?
Probabilmente dovremo rivedere la durata e l’organizzazione dell’istruzione. Ma credo che il nodo cruciale sarà la capacità di cambiare e saperci adattare».
La longevità mette a rischio anche le relazioni affettive: quanto dureranno i matrimoni? E quando è il momento giusto per avere figli se i tempi si allungano? Secondo un sondaggio online, inevitabilmente
si divorzierà e ci si risposerà più frequentemente (per il 58%),
i figli si faranno più avanti negli anni (per il 54%).
In pensione si andrà almeno a cent’anni (per il 62%).
E le nuove tecnologie potranno aiutarci ad allungare l’età riproduttiva. «Grazie allo screening preventivo, potremo inoltre non scegliere la procreazione naturale, ma selezionare il bambino potenzialmente più resistente e sano da un punto di vista genetico, e quindi più longevo, anche quando saremo in età avanzata».
La sfida non riguarda solo le scelte individuali. Le aziende non sono preparate, i governi non sono preparati.
Per Thomas DeRosa, ceo Di WellTowers, la società immobiliare americana che investe in proprietà dedicate specificamente alla terza età, dobbiamo creare «un mondo nuovo per una società più vecchia». Spiega: «Serve una discussione politica e una pianificazione». Città come Singapore e Tokio hanno già cominciato a pensarci e passano molto tempo a capire come adattare la mobilità all’invecchiamento della popolazione. Ad es., studiano quanto deve durare il semaforo per garantire l’attraversamento sicuro di un anziano.
Ma chi paga per una vita che si allunga fino a 150 anni? L’unico modo per rendere questo invecchiamento economicamente sostenibile è che non solo si lavori più a lungo ma che in famiglia si lavori in due, il che implica parità effettiva tra uomo e donna, dice Gratton.
Ma «dovremo anche ripensare l’equilibrio tra famiglia e carriera nell’arco della vita, ipotizzando periodi in cui dedicarsi più intensamente alla famiglia e altri in cui impegnarsi di più al lavoro, senza che questo diminuisca la produttività nel lungo periodo», suggerisce Blackburn.
Il welfare andrà rivisto, ipotizzando anche polizze assicurative per invecchiare felicemente. La strada è complessa, meglio cominciare a parlarne da giovani. (Salute, Corriere)
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