DIETE E INDICE GLICEMICO: QUANTO CONTA PER I DIABETICI E LE PERSONE SANE
- hodrin
- 23 mar 2016
- Tempo di lettura: 3 min
Gli ultimi studi dimostrano che tenere in considerazione l’IG può aiutare a mangiare più sano: alimenti con basso indice glicemico migliorano la sazietà riducendo l’apporto calorico nei pasti successivi

Non è scritto sulle etichette, ma l’indice glicemico (IG) secondo molti dovrebbe essere importante nella scelta dei cibi. L’IG indica quanto il consumo di un alimento specifico che contenga carboidrati aumenti la glicemia in rapporto a quanto la farebbe innalzare un carico fisso di glucosio. Proposto 35 anni fa, ha un ruolo chiaro nella dieta dei diabetici, ma è più discusso per persone sane che vogliano mantenersi in salute: seguire una dieta a basso IG serve davvero a prevenire malattie e a non ingrassare? Sulla popolazione generale la risposta non è immediata, come spiega Furio Brighenti dell’Università di Parma, autore del più recente documento di consenso sull’IG pubblicato nel 2015 su Nutrition, Metabolism and Cardiovascular Diseases: «Nelle tabelle dei Livelli di Assunzione Raccomandata dei Nutrienti (LARN) gli obiettivi di nutrizione per la prevenzione indicano di prediligere fonti amidacee a basso IG, soprattutto se l’apporto di carboidrati è vicino al limite superiore, pari al 60%, del totale delle calorie giornaliere. Cibi con basso IG migliorano la sazietà Gli studi mostrano che nei soggetti sani, soprattutto se donne e in sovrappeso, una dieta a basso IG possa dare benefici che vanno oltre la possibilità di prevenire il diabete, come una riduzione della probabilità di tumore al seno. Detto ciò i dati circa la prevenzione dell’obesità, per es., non sono ancora solidi quanto quelli sul diabete; ma a parità di nutrienti, attività fisica e fattori di rischio i cibi a basso IG migliorano la sazietà riducendo l’apporto calorico dei pasti successivi, contribuendo quindi a controllare il peso». Ci sono però studi di segno contrario, come uno recente che ha dimostrato come diete dall’IG molto diverso ma uguali per calorie e ricche di frutta, verdura e cereali integrali e povere di zuccheri raffinati non hanno effetti dissimili su pressione arteriosa, colesterolo e trigliceridi: quindi se si mangia sano non servirebbe l’IG. «Non bisogna focalizzarsi su un solo parametro: scegliere vegetali come legumi, frutta e verdura abbassa da sé l’IG, e propendere per cibi a basso IG implica portare in tavola prodotti ricchi di vitamine, sali minerali e fibre preziose — interviene R. Giacco, ricercatrice dell’Ist. di Scienze dell’Alimentazione del CNR ad Avellino. È difficile scindere gli effetti del solo IG, soprattutto se la dieta è già salutare: nessun alimento va criminalizzato e conta la qualità dell’alimentazione nel suo complesso. I cibi a basso IG per es. sono in genere più ricchi di fibre perché queste, soprattutto se viscose, rendono i carboidrati meno accessibili agli enzimi; inoltre le fibre rallentano lo svuotamento gastrico, così i carboidrati arrivano più gradualmente all’intestino e l’assorbimento del glucosio in circolo è più lento. Nel lungo periodo riducono il colesterolo, abbassano la pressione arteriosa».
COME INDIVIDUARE I CIBI IN BASE ALL’IG
«Valgono alcune regole generali — dice Brighenti —. Sono a basso IG legumi, frutta, vegetali, pasta; l’IG è intermedio per pane, patate e riso, alto per i dolci. La sola aggiunta di fibre nei prodotti integrali di per sé non riduce l’IG, occorre scegliere cereali intatti: il riso integrale ha un IG più basso, ma farine di riso integrali o bianche sono identiche. Ciò che è più «tenace» da masticare ha un IG più basso: cereali come orzo o riso, i legumi e la pasta, le patate al forno anziché in purè e la frutta intera invece che frullata sono meglio di pane e pizza, anche perché la lievitazione dà porosità e favorisce l’attacco degli enzimi digestivi che liberano subito glucosio. Ci siamo evoluti mangiando cibi crudi e difficili da digerire, la fisiologia si è adattata per trarne più nutrienti possibile: la nostra macchina-corpo funziona al meglio guidando senza strappi, dandole “benzina” senza picchi con cibi a basso IG. Con quelli di facile assimilazione di oggi, dall’alto IG, è come se guidassimo accelerando e frenando di continuo: rovinano di più il “motore”». (Salute, Corriere)
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