GRASSI «BUONI» E «CATTIVI»: VERITÀ E FALSI MITI
- hodrin
- 24 mag 2016
- Tempo di lettura: 4 min
Alcuni lipidi, guardati con sospetto per la loro negativa incidenza sulle malattie cardiache, in realtà non vanno scartati a prescindere. «Come in tutte le cose, serve buon senso. Usare i grassi tutti i giorni, senza eccedere e scegliendo quelli più adatti a clima e stile di vita, aiuta il cervello a funzionare meglio», spiega Stefano Erzegovesi, psichiatra e specialista in Scienza dell'Alimentazione - Ospedale San Raffaele Turro di Milano.

1. Grassi IDROGENATI
Naturalmente presenti in percentuale non elevata nella carne e nei latticini, questi grassi causano problemi (si spazia dalle malattie cardiovascolari all'ictus) quando passano attraverso un processo artificiale noto come "idrogenazione" e finiscono così nelle preparazioni di torte e biscotti, per allungarne la data di conservazione. Dove trovarli: carne, latticini, prodotti da forno industriali e dolci. Il parere dell'esperto: «È l'unico tipo di grassi che consiglio di evitare in maniera assoluta - avverte Stefano Erzegovesi, perché aumentano il rischio cardiovascolare, innalzano il livello del colesterolo LDL (quello “cattivo”) e peggiorano la resistenza all'insulina, irrigidendo le membrane delle cellule. Fortunatamente l'industria alimentare, consapevole dell'ondata mediatica contro i grassi idrogenati, ne sta riducendo drasticamente l'uso nei prodotti confezionati».
2. Grassi SATURI
Considerati per decenni la quintessenza del male alimentare in forma grassa per la loro naturale capacità di innalzare i livelli di colesterolo cattivo e ostruire così le arterie, questi grassi vengono oggi rivalutati grazie a un recente studio dell'Istituto Nazionale di Sanità statunitense. Analizzando nuovamente i dati di una precedente ricerca svolta negli anni Settanta su un campione di 9.500 persone, gli scienziati hanno infatti constatato che l'assunzione di grassi vegetali polinsaturi Omega 6 (i cosiddetti “grassi sani”), al posto di quelli saturi, abbassa sì il livello di colesterolo nel sangue, ma aumenta il rischio complessivo di mortalità. «Questo dato non deve affatto sorprendere - sottolinea Erzegovesi -, perché i grassi polinsaturi sono fragili e facilmente ossidabili quindi, se consumati in eccesso, aumentano la produzione di radicali liberi ossidanti, con tutte le conseguenze che questo può avere sulla salute». Dove trovarli: carne, burro, formaggio, olio di cocco. Il parere dell'esperto: «Non sono assolutamente d'accordo con il concetto che i grassi saturi facciano male. Le tradizioni dei Paesi con climi meno temperati, sia molto caldi sia molto freddi, ci dicono che l'uso di questi grassi è strettamente collegato al tipo di vita che facciamo. Giusto usarne con tranquillità in climi molto freddi o molto caldi (come il burro e gli equivalenti dello strutto nei Paesi nordici e di montagna o il burro chiarificato - ghee - in India e i prodotti a base di palma e cocco nei Paesi tropicali), a maggior ragione se con alti livelli di attività fisica, visto il loro insostituibile “effetto-barriera” contro il troppo freddo o il troppo caldo. Altrettanto giusto, invece, limitarli se viviamo in un clima temperato e con scarsi livelli di attività fisica, senza però demonizzarli: se penso alla colazione dei miei figli, non mi preoccupo se i loro biscotti contengano o meno l'olio di palma, ma che la loro colazione sia varia».
3. Grassi POLINSATURI
Ci sono due tipi di grassi polinsaturi: - Omega 3 - Omega 6
Entrambi noti come “acidi grassi essenziali”, non vengono prodotti dall'organismo e vanno sempre inclusi in una corretta alimentazione. DOVE TROVARLI: oli vegetali (colza, mais, girasole) e pesci grassi (sgombri, aringhe e aringhe affumicate, trote, sardine, salmone e tonno fresco). Il parere dell'esperto: «Uno dei miti degli anni 70-80 era quello degli olii: più erano polinsaturi meglio era, quindi burro e olio d'oliva finirono al bando e si aumentò il consumo di oli di mais o vinacciolo. Come dicevamo a proposito dei grassi saturi, questa è una scelta che non ha senso: i grassi insaturi sono meno stabili rispetto al rischio di ossidazione, quindi vanno usati poco a crudo e pochissimo in cottura o frittura. In aggiunta, recenti linee guida cliniche sottolineano il rischio per il cuore e la salute in generale di un eccesso di grassi insaturi Omega 6 (in pratica tutti gli olii di origine vegetale), consigliando di bilanciare gli Omega 6 con una giusta quantità di grassi Omega 3, che si trovano nel pesce azzurro, nel salmone e in altri pesci grassi, ma anche in prodotti vegetali come noci, semi di lino, chia o canapa (quest'ultima ovviamente senza cannabinoidi), alghe o portulaca. Anche per gli Omega 3, però, non bisogna eccedere: essendo grassi instabili, sono da usare in giusta quantità e sempre con l'accompagnamento di antiossidanti, ovvero vegetali freschi».
4. Grassi MONOINSATURI
Questi grassi hanno così tante buone qualità che andrebbero necessariamente inseriti in tutti i regimi alimentari sani. Dove trovarli: olio d'oliva, olio di colza, avocado, mandorle, noci brasiliane, arachidi. Il parere dell'esperto: «I grassi monoinsaturi, e l'acido oleico su tutti, sono considerati la giusta via di mezzo fra i troppo “rigidi” grassi saturi e i troppo “fragili” e ossidabili grassi polinsaturi. Accertato il loro effetto positivo sull'aumento del colesterolo “buono” e sulla riduzione di cardiopatie e ictus, fra gli altri benefici per la salute c'è anche l'abbassamento del rischio di mortalità per le cosiddette malattie del benessere, ovvero tutte le patologie degenerative, come cancro o demenza». (Salute, Corriere)
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