ANTINFIAMMATORI? NON PER L'ARTROSI
- hodrin
- 24 apr 2017
- Tempo di lettura: 2 min
Nuove terapie e tanta prevenzione

Primo: non rassegnarsi;
Secondo: stare lontani degli antinfiammatori.
Terzo: puntare su terapie innovative e prevenzione.
E da questi tre passi che transita, secondo il prof. Marco Lanzetta, l'approccio migliore a un problema dolorosamente condiviso da 5 milioni di italiani: l'artrosi.
Una malattia che finora è stata affrontata come un male senza rimedio, da alleviare a suon di farmaci o risolvere con una protesi. Uno schema obsoleto, secondo Lanzetta. Primo chirurgo a eseguire - nel 2000 - un trapianto di mano in Italia, dal 2005 si è dedicato alle malattie croniche delle articolazioni.
Il principio da cui si parte è, per così dire, matematico. «A 60 anni, oggi, si è giovani: non si può pensare di darla vinta a una malattia di fatto invalidante», dice Lanzetta. L'artrosi consiste nel deterioramento delle cartilagini articolari, che non funzionano più a dovere, avvicinano le ossa tra loro e scatenano difficoltà nei movimenti. «Ora possiamo cucire addosso al paziente una terapia iperpersonalizzata ed efficace. Il punto di non ritorno c'è solo quando il tessuto della cartilagine è scomparso. Allora bisogna affidarsi alla chirurgia. Quando il danno è meno grave, abbiamo grandi possibilità». Tra le nuove terapie ci sono il laser e le cellule staminali, già sperimentate per ricostruire i tessuti colpiti dall'artrosi. La tecnica più consolidata è però quella delle infiltrazioni. Iniezioni a base di cortisone per alleviare il dolore o con sostanze come l'acido ialuronico, utili a lubrificare l'articolazione. «Devono essere radioguidate, da fare con sonde aghiformi». Il fattore principale dell'artrosi resta comunque quello ereditario e l'imperativo è la prevenzione: peso, alimentazione e sport. «Chi è a rischio si sente dire di non fare attività fisica, ma con i muscoli poco tonici le articolazioni si usurano comunque. Il segreto è scegliere attività mirate. Come il nuoto, bene anche la camminata e lo yoga». (La Stampa)
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